I compiti evolutivi
Durante il suo sviluppo ogni bambino deve apprendere diverse abilità, una di queste riguarda la capacità di regolare e gestire le proprie emozioni nel relazionarsi con i coetanei e con gli adulti. Se un bambino è infatti in grado di dare un nome a ciò che prova, imparerà anche a diminuire l’intensità di alcuni vissuti emotivi e a capire come comportarsi in certe situazioni.
Un altro importante compito richiesto ai bambini mano a mano che crescono è quello di riuscire a tollerare un no o un divieto e di rimandare la soddisfazione immediata di un proprio bisogno. Altrettanto rilevante è la capacità di rapportarsi con i coetanei, di giocare, esplorare e fare cose insieme.
Mentre si apprendono queste preziose abilità possono manifestarsi nei bambini comportamenti impulsivi o aggressivi.
Quando si riflette su alcune reazioni dei bambini può innanzitutto essere utile chiedersi se quel modo di reagire o quell’emozione si presentano con un’intensità o una frequenza adeguata alla loro età.
Infatti alcuni comportamenti sono considerati normali in alcuni periodi dello sviluppo.
Ad esempio è normale che un bambino di due anni si comporti spesso in modo impulsivo e che non riesca ad attendere a lungo la soddisfazione di un desiderio. Mentre a sei anni ci si aspetta un altro tipo di comportamento.
Oppure può accadere che si provi rabbia in una certa situazione, ma quella rabbia può essere così forte da dare luogo a comportamenti inappropriati e aggressivi.
Come gestire i comportamenti aggressivi
Il genitore e l’adulto possono aiutare i bambini a gestire l’emozione che si nasconde dietro una reazione di tipo aggressivo. Ad esempio partendo proprio dal riconoscere e dal dare un nome al vissuto emotivo. Può quindi essere utile chiedersi se quel tipo di comportamento sia ad esempio dettato dalla rabbia o dalla tristezza. “Ti senti triste?”, “sei arrabbiato?”, “sei arrabbiato perché… ”, “sei triste perché…”: con frasi di questo genere aiutiamo i bimbi a dare un senso a ciò che sta accadendo e a ciò che sentono.
Nel fare questo è importante non giudicare l’emozione che si prova e non trasmettere il messaggio che è sbagliato sentirsi tristi, arrabbiati o spaventati. Ricordiamoci infatti che le emozioni sono passeggere e transitorie e che hanno una loro funzione. Dare un nome a ciò che si sente e quindi rendersi conto di ciò che si prova traducendolo in parole, aiuta anche a regolarne l’intensità. Ciò che possiamo fare è piuttosto sottolineare un comportamento sbagliato che segue un’emozione intensa, facendo anche presente cosa si può fare in alternativa. Possiamo infatti non approvare un comportamento ma possiamo approvare un’emozione.
Inoltre se comunichiamo al nostro bambino che i suoi vissuti e i suoi comportamenti hanno un senso, allora sarà in grado di sentire la nostra vicinanza anche in un momento difficile. E di percepire che siamo in grado di comprendere il suo mondo. Un frase utile potrebbe essere: “Capisco che sei arrabbiato con il tuo amico, mi dispiace per quello che è successo ma possono esserci altri modi per gestire la rabbia, dei modi che non facciano male agli altri, ad esempio possiamo provare a …”. Una frase del genere richiede all’adulto di restare calmo e di preservare un atteggiamento paziente anche di fronte a comportamenti che non si approvano, ma sicuramente ha dei vantaggi nel breve termine.
Infatti una frase detta in un momento di rabbia e d’impulso può peggiorare la situazione, aumentare una reazione aggressiva e l’intensità dell’emozione stessa. Mentre una frase di questo tipo riduce proprio la forte emozione che si cela dietro un comportamento aggressivo.
E ciò rende già il bambino più disposto ad ascoltare le nostre parole.
Gilda Picchio
Laureata in Psicologia Clinica ad Urbino nel 2009, sta concludendo il suo percorso di formazione come psicoterapeuta presso la scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva di Ancona. Nel 2012 si avvicina al mondo dell'autismo grazie ad un master svolto nella città di Madrid, dove ha avuto l'opportunità di entrare in contatto con ragazzi con autismo e di lavorare con bambini con difficoltà scolastiche e familiari.
Attualmente lavora nel campo dell'autismo e svolge la libera professione in provincia di Macerata, presso il Centro di Psicologia e Psicoterapia “Sophia”, occupandosi di bambini, ragazzi e adulti.
Inoltre insieme ad una collega realizza percorsi di gruppo sulle emozioni e sull'assertività, per aiutare ogni persona a comprendere quali sono i propri bisogni nella relazione con l'altro, nei diversi contesti di vita.