Bambini e consapevolezza di sé. Tra identità e cambiamenti.

Lo specchio e gli altri

Vi capita di prestare attenzione ai bambini in compagnia di uno specchio?
Quando guardo mia figlia stare lì davanti, mi salta all’occhio la grossa differenza tra noi due. Se io mi imbatto nel mio riflesso solo prima di uscire, e giusto perché mi confermi di essere minimamente presentabile al mondo, lei ha degli incontri molto più intimi e significativi con lui. A volte lo fissa senza muovere un muscolo, e altre lo guarda di sguincio mentre si scatena; a volte lo usa per esplorare l’intera gamma delle sue espressioni facciali, e altre lo tocca appoggiandoci le mani ‒“Guarda, sono sparite!”‒; a volte si diverte ad appannarlo con un’alitata, per vedersi annebbiata e poi svelare con un dito ora questa, ora quell’altra parte del viso. Mi ha colpito poi scovarla a dargli una leccata furtiva, intenta a scoprire il gusto della sua stessa immagine.

Penso, allora, che non sia un caso se nelle fiabe lo specchio è sempre un oggetto magico. La prima magia che fa nel mondo reale è regalare ai piccoli i primi pezzettini di identità.

Quando nascono, infatti, i bambini hanno una grande confusione e non distinguono neppure sé stessi dal mondo esterno. Nel tempo, piano piano, si scopriranno distaccati rispetto alla mamma. Si riconosceranno “altro” rispetto a una sorella o un fratello, diversi rispetto a un compagno di giochi. Ecco allora che, oltre allo specchio, saranno “gli altri” i migliori alleati dei bambini nel loro percorso di costruzione e consapevolezza di Sé.

Socrate, il più sapiente del mondo antico, non esortava che a questo: “Conosci te stesso!” diceva ai giovani della sua città, rapportandosi con loro sempre nel dialogo vivo, nel faccia a faccia, proprio a sottolineare che la conoscenza di sé passa dal confronto e dalla relazione con l’altro. 

Per intenderci: se a una bimba piacciono le macchinine e un’altra le bambole, sarà la loro relazione a renderle consapevoli di un proprio tratto distintivo; un bimbo non potrà accorgersi di essere velocissimo a salire sullo scivolo, se non guardando un altro che non lo è, né che l’essere possessivo è una sua peculiarità, se non conoscendo una bambina pronta a condividere tutto e senza remore.

Sembrano piccole cose, ma è da qui che cominciano a racimolare tracce del proprio “chi sono io”.

La scuola e la famiglia. Come comportarsi?

L’ingresso a scuola è un momento esplosivo, perché c’è un intero gruppo di pari con cui confrontarsi. È in questa fase che accadono cose strane. Da un giorno all’altro può capitare che il minestrone diventi “schifoso”, o che, da noiose che erano, le bambole si trasformino nell’oggetto del desiderio. Anziché restare basiti, non dovremmo dimenticare che i figli si stanno misurando per la prima volta con le relazioni sociali: nel gruppo-classe incontrano l’esclusione e l’omologazione, iniziano a sperimentare il proprio collocarsi tra coalizioni e isolamenti, alleanze e complotti; attraverso gli altri testano fino a che punto sono disposti a cambiare o rimanere uguali, a tradire l’amica o tradire sé stessi. Ricercano, insomma, un posto proprio, tra appartenenze e dissidenze.

In questa turbolenza tra le diversità, in cui si va costruendo la propria identità, diventa preziosa l’insegnante, soprattutto quando non perde occasione per valorizzare le differenze. Aiuta i bambini a saper dire “io” perché diversi o uguali all’amica del cuore, a imparare che “noi”  può abbracciare le differenze oltre che le somiglianze.

Contemporaneamente noi genitori dovremmo accettare la possibilità che i figli cambino, perché cambiano le relazioni, i tempi, gli spazi. E non sempre ci fa piacere, anzi, vorremmo far rinsavire la piccola sconosciuta che varca la soglia di casa: “A te piace il minestrone! Tu vai pazza per il minestrone!”, “Ti ho comprato una betoniera perché a te piace la betoniera! Cos’è adesso questa storia delle  bambole?”.  Che i figli abbiano una identità stabile è forse un bisogno più nostro, che però potrebbe portarci a costruire loro dei vincoli scomodi.

Lo facciamo inconsapevolmente quando li riempiamo continuamente e pubblicamente di lodi per la loro genialità, oppure, al contrario, quando non perdiamo occasione di svalutarli e sottolinearne le pecche, magari a confronto di un fratello. In questo modo ostacoliamo la loro possibilità di cambiare. Li rendiamo avversi e timorosi verso l’esperienza del cercarsi, perdersi, trovarsi e riconoscersi un giorno, che poi significa crescere.

Insomma, magari si tornerà a mangiare il minestrone e magari le macchinine parcheggiate nello scatolone torneranno a correre, o magari no, resteranno ricordi di ciò che si è stati.

Nel Paese delle Meraviglie, quando il Bruco chiese ad Alice: “Chi sei?”, la bambina rispose: “Ehm… veramente non saprei, signore, almeno per ora… cioè, stamattina quando mi sono alzata lo sapevo, ma da allora credo di esser cambiata molte volte.”

Invece di lasciare che i cambiamenti degli altri ci spaventino, forse potremmo riavvicinarci allo specchio con gli stessi occhi dei bambini, con lo stesso spirito di Alice, che addirittura ci passa attraverso: non per cercare nel nostro riflesso l’ennesima conferma, ma per accorgerci e ricordarci di quante volte noi stessi cambiamo e siamo cambiati. 

Irene Merlini
Irene Merlini
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Laureata in Filosofia alla Statale di Milano (2003), si specializza nella stessa città in Counseling e pratiche filosofiche. Tornata in Abruzzo, dal 2005 interviene nelle scuole di ogni ordine e grado per la formazione di alunni e insegnanti nell’ambito della Philosophy for children/community. Specializzata a Macerata nel sostegno didattico (2020), attualmente è insegnante nella scuola secondaria di secondo grado.

Da dieci anni collabora con il settore dell’editoria per bambini, come autrice di testi e filastrocche, ideatrice di giochi da tavolo e applicazioni multimediali.
Co-autrice del libro “Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi” (Merlini I., Petruccelli M., a cura di Galumberti U., Feltrinelli 2019), precedentemente co-autrice di “Le pecore Filosofe. Dove sono io?” (Merlini I., Petruccelli M., Ed. Esperidi, 2015), cura assieme a Maria Luisa Petruccelli la rubrica filosofica “La posta del Cigno Nero” su Gli Stati Generali.