Comunicazione e meta-comunicazione: dialogare con i bambini in modo costruttivo
Non si può non comunicare
Secondo Watzlawick ogni comportamento comunica qualcosa, e dal momento che è impossibile avere un “non-comportamento”, ne consegue che non si può non comunicare. In altre parole, noi comunichiamo sempre, anche al di là delle nostre intenzioni: con i silenzi, la postura del corpo, la mimica facciale; con ciò che facciamo così come con ciò che diciamo e col modo in cui lo diciamo. Oltre il contenuto del nostro messaggio, quello che facciamo passare nella relazione con gli altri sono una serie di intenzioni, proiezioni, desideri, aspettative. E questo accade perché ognuno di noi è il frutto della propria storia, delle proprie esperienze, dei propri vissuti, cose che influenzano e determinano anche il nostro stile comunicativo. Se ciò è del tutto normale, è anche vero che comunicando possiamo andare incontro a incomprensioni e malintesi. Lo sperimentiamo non solo nelle nostre relazioni adulte, ma anche come genitori o come educatori nel nostro rapporto con il bambini. I bambini sono influenzati dal modello comunicativo che sperimentano nel contesto familiare, che poi tendono a riprodurre in quello scolastico e più in generale in quello sociale. Se in famiglia non siamo abituati a parlare delle emozioni, di come ci sentiamo, i nostri figli avranno difficoltà a farlo, e non solo con noi; se tendiamo a interromperli di continuo, magari giudicando ciò che dicono, questo stile comportamentale li priverà dell’esperienza dell’ascolto, fondamentale per la comprensione e la costruzione di un legame di fiducia nella relazione.
La crescita emotiva e cognitiva dei bambini passa anche dal modo di comunicare con loro
Alla luce di tutto questo, è possibile dare vita ad una comunicazione costruttiva con bambini e bambine? Una comunicazione cioè che non degeneri necessariamente in conflitto a causa di punti di vista diversi e che non veicoli messaggi sbagliati che possono poi dar luogo ad atteggiamenti non sani? Detto in altri termini: è possibile che un certo modo di comunicare diventi per il bambino occasione di crescita, emotiva e cognitiva? Assolutamente sì, purché si ponga la giusta attenzione ad alcuni aspetti fondamentali. Da genitori dobbiamo essere disposti a fare un esercizio di sospensione, che significa essere pronti a mettere da parte ciò che sappiamo, o crediamo di sapere, sui nostri piccoli interlocutori, così come i nostri timori, ad esempio, o i nostri pregiudizi. Che si tratti di un desiderio ostinato, di un momento particolarmente difficile da affrontare o di una regola da rispettare, non dobbiamo mai dimenticare che comunicare con i più piccoli non significa solo fornire loro un elenco di cose da fare o da non fare; e non consiste solo nella semplificazione dei contenuti per renderli adatti ad un bambino. Ognuno di noi ha un suo stile comunicativo attraverso cui passano contenuti che vanno oltre quello verbale, ovvero ciò che si chiama “meta-comunicazione”. È importante allora aver cura anche di quegli aspetti emotivi e relazionali che sono sempre presenti quando ci rivolgiamo ad un figlio o ad uno studente. Di fronte ad un capriccio il solo rimprovero o l’imposizione del tipo: “devi fare così perché lo dico io”, sicuramente non è un esempio di comunicazione costruttiva. Al contrario, soffermarsi sulle ragioni e sulle emozioni che accompagnano l’evento che ha scatenato un conflitto, mostrarsi interessati a confrontarsi sui pensieri e le motivazioni, spiegare le intenzioni e gli effetti di un comportamento, sono sicuramente il modo più appropriato di rendere uno scambio con i bambini educativo, stimolante e produttivo.
Anche i silenzi sono una forma di comunicazione, perciò dovremo essere attenti a riconoscere i possibili significati che nascondono e ad accoglierli senza forzare il bambino a parlare: comunicare è un’attività che richiede spazi e tempi che rispettino il sentire di ognuno. Il silenzio dei bambini può nascere da un senso di confusione per un’emozione nuova provata, ma anche dal bisogno di riflettere su quanto accaduto, o ancora dall’imbarazzo vissuto in quel momento. La comunicazione costruttiva è quella che ci consente anche di dare la giusta voce a quei silenzi.
Maria Luisa Petruccelli
Laureata in filosofia alla Statale di Milano e specializzata in counseling e pratiche filosofiche, sempre a Milano, progetta, realizza e conduce corsi e laboratori di pratiche filosofiche in diversi contesti, e di Philosophy for Children nelle scuole, dove tiene anche incontri sul bullismo. Ideatrice dei personaggi “Le pecore Filosofe”, è co-autrice, insieme a Irene Merlini, del libro Le pecore filosofe: dove sono io? (Ed. Esperidi 2015), e di Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi (Feltrinelli, 2019, a cura di U. Galimberti). Cura, sempre insieme a Irene Merlini, la rubrica di filosofia “La posta del Cigno Nero” su Gli Stati Generali