Le decisioni dei grandi
Prendere decisioni è una cosa che facciamo più o meno quotidianamente. Che si tratti dell’abito da indossare, di soldi o energie da investire in un progetto, della fiducia da riporre in qualcuno, facciamo le nostre valutazioni e previsioni affidandoci a ciò che sappiamo. Se poi siamo mamme o papà, buona parte delle nostre decisioni sarà influenzata da ciò che significa essere un genitore. La scelta della scuola per i nostri figli e piccoli grandi compromessi tra i loro e i nostri desideri, tra ciò che riteniamo giusto per il loro bene e i nostri sensi di colpa.
Anche i bambini prendono continuamente decisioni, e se ai nostri occhi molte di queste possono sembrare più “leggere”, ognuna di esse ha un valore. Queste sono un tassello nel percorso di crescita che li chiama a mettersi in gioco, domande su chi essi sono o non vogliono essere, sul modo in cui vogliono abitare il mondo.
Perché spesso è così difficile decidere?
Ce lo dice il filosofo William James, che ci chiede di immaginare di trovarci in montagna durante una bufera di neve. Di fronte abbiamo due strade: solo una delle due è quella che porta in salvo, ma non sappiamo quale. Restando lì moriremo congelati, quindi bisogna prendere una decisione e sceglierne una. Solo dopo averla imboccata scopriremo se era quella che portava in salvo. James vuole mostrarci che l’esperienza sta nel futuro e non nel passato perché non possiamo sapere prima se la nostra è la decisione giusta. Ecco perché è difficile prendere decisioni. Per fortuna non capita tutti i giorni di trovarsi nel bel mezzo di una bufera in una situazione così estrema. Questo però non rende le scelte con cui ci misuriamo meno importanti o significative.
Vivere allora significa rischiare. Rischiamo quando dobbiamo decidere se punire o no i nostri figli. I nostri figli rischiano quando vogliono decidere da soli, perché nè noi nè loro possiamo sapere cosa accadrà. Perché quel sapere sta, appunto, nel futuro.
Per fare esperienza, quindi, i bambini devono correre rischi, mettersi alla prova, sperimentare cosa significa sbagliare, per poi adoperarsi con ciò che sanno.
Le decisioni dei piccoli
Provate a sottoporre ai vostri figli o studenti la storia di James. Qualcuno si costruirà un rifugio in attesa che passi la bufera; qualcun altro si avventurerà cercando le luci di un villaggio; poi ci sarà chi accenderà un fuoco lungo il sentiero per scaldarsi e fare dei segnali di fumo!
Le loro risposte ci dicono che sanno prendere in considerazione le diverse opzioni, fare ipotesi e previsioni sui possibili rischi e vantaggi. Potrebbero incontrare decisioni altrettanto difficili: andare a vivere con mamma o con papà, o restare amici di qualcuno che ha tradito la loro fiducia. In questo tipo di decisioni, come in molte altre, si confronteranno con l’idea di giusto e di sbagliato. Sperimenteranno anche che nella scelta non siamo influenzati solo dalla testa ma anche dal cuore e che in ballo non ci siamo soltanto noi ma anche gli altri coinvolti in quella scelta.
L’istinto di una mamma e di un papà, che vorrebbero preservare i figli da delusioni e dispiaceri, li terrà sempre in bilico tra timore e speranza. Tra la paura che un figlio faccia degli sbagli e il desiderio di vederlo sempre felice, di saperlo al sicuro. Così, sommersi dalle ansie che quotidianamente portiamo con noi da genitori, la tentazione di sostituirsi ai figli nel prendere decisioni è forte.
Ma forse osservando il loro mondo, in cui le decisioni si intrecciano al gioco, possiamo imparare anche noi.
Se lanciare una monetina o fare la conta sembrano affidare la scelta al caso, la caccia al tesoro è il luogo per eccellenza delle decisioni. La mappa che conduce a quella famosa X è fatta di bìvi, prove da superare, enigmi da decifrare. Ogni passo su quella mappa, in quanto frutto di scelte, è un passo verso l’autonomia.
Cosa possono fare i genitori?
Come madri e come padri dobbiamo lasciare che quel percorso i figli lo disegnino da soli. Ci saranno momenti in cui i nostri passi procederanno accanto ai loro, ma ce ne saranno altri in cui dovremo restare qualche passo indietro. Dovremo resistere alla tentazione di accorrere al primo inciampo, lasciando che commettano errori. Solo così quegli errori da ostacoli potranno trasformarsi in indizi utili alla scoperta del mondo ma anche delle loro capacità di superare le difficoltà, di gestire la rabbia e la frustrazione di fronte ai fallimenti. Voltandosi indietro ci troveranno lì, pronti a sostenerli e incoraggiarli. In questo modo potranno trasformare l’angoscia del non sapere cosa fare nella bellezza della libertà che sta in ogni decisione che matura dentro di loro. Perché il tesoro a cui conduce quella mappa è la cosa più preziosa: l’esperienza, cioè il futuro.
Maria Luisa Petruccelli
Laureata in filosofia alla Statale di Milano e specializzata in counseling e pratiche filosofiche, sempre a Milano, progetta, realizza e conduce corsi e laboratori di pratiche filosofiche in diversi contesti, e di Philosophy for Children nelle scuole, dove tiene anche incontri sul bullismo. Ideatrice dei personaggi “Le pecore Filosofe”, è co-autrice, insieme a Irene Merlini, del libro Le pecore filosofe: dove sono io? (Ed. Esperidi 2015), e di Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi (Feltrinelli, 2019, a cura di U. Galimberti). Cura, sempre insieme a Irene Merlini, la rubrica di filosofia “La posta del Cigno Nero” su Gli Stati Generali