COME TOGLIERE IL CIUCCIO IN POCO TEMPO

La separazione dal ciuccio

Quando togliere il ciuccio? Come farlo? Sarà traumatico per il mio bambino?

Questi sono alcuni degli interrogativi che si pongono i genitori nel momento in cui decidono che è arrivato il momento, per il loro bimbo, di separarsi dal ciuccio.

In genere ciò avviene verso i due o tre anni d’età.

Nel compiere questo passaggio può essere utile riflettere sulle strategie che possono meglio adattarsi al proprio piccolo, considerando anche quali comportamenti ci si aspetta e come si pensa di poterli gestire. Avere dei timori e delle preoccupazioni è infatti normale e comune. Cercare di capire cosa ci preoccupa come genitori può sicuramente orientarci nella scelta di metodi che riteniamo di poter gestire in maniera non stressante, con la consapevolezza che, una volta presa la decisione, è bene mostrarsi decisi e non tornare indietro.

L’importante è scegliere un periodo in cui non ci sono grandi cambiamenti per il bambino, come ad esempio la nascita di un fratellino o di una sorellina, un cambio di scuola o l’inizio della scuola dell’infanzia. Un peluche, un animale o un pupazzo morbido possono aiutare ad affrontare la separazione dal ciuccio offrendo un’alternativa in grado di garantire consolazione, sicurezza e protezione, insieme ai gesti affettuosi dei genitori.

Come fare?

Possiamo scegliere di separare il bambino dal ciuccio in modo graduale, iniziando a limitarne l’uso durante il giorno. Un’idea può essere quella di far addormentare il piccolo con il ciuccio e toglierlo una volta che dorme, per poi eliminarlo nei giorni che seguono anche durante l’inizio del pisolino. Il bimbo si abituerà alla nuova situazione impiegando tempo diverso a seconda della sua età e a seconda della frequenza con cui ricorre al ciuccio. I piccoli di dieci mesi possono ad esempio abituarsi nel giro di una settimana. A questo punto si può procedere alla stesso modo durante la notte.

Per un genitore può essere senz’altro difficile sentir piangere il proprio piccolo, ma in questi casi  lo possiamo consolare, abbracciare e dire a parole quello che sta succedendo: “Ora togliamo il ciuccio per dormire”; “Basta con il ciuccio durante la nanna”.

Nel fare questo non dobbiamo assolutamente cedere. Ciò significherebbe dire che dietro a certe richieste siamo disposti a farlo, e la prossima volta le proteste del bambino saranno ancora più forti e persistenti, perché sa che ad un certo punto abbandoneremo la presa.

Non far sparire improvvisamente il ciuccio

Inoltre si consiglia di non far sparire improvvisamente il ciuccio, senza fornire spiegazioni. Con i più grandi è possibile prepararsi al distacco inventando una storia e dare un significato alla separazione. Ad esempio si può dire che, in tal giorno, il ciuccio verrà appeso all’albero dei ciucci per darlo ai più piccoli. Si possono quindi fare disegni e rendere il bambino protagonista di quanto sta per avvenire.

Ciò non significa che il bimbo non cercherà più il ciuccio, ma che avrà costruito un significato di ciò che è accaduto, utile senz’altro per affrontare la situazione in maniera più serena e meno  stressante.

Nella scelta della strategia da utilizzare, è opportuno considerare quella che può meglio adattarsi al proprio figlio ma anche alle esigenze del genitore.

Gilda Picchio
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Laureata in Psicologia Clinica ad Urbino nel 2009, sta concludendo il suo percorso di formazione come psicoterapeuta presso la scuola di specializzazione in Psicoterapia Cognitiva di Ancona. Nel 2012 si avvicina al mondo dell'autismo grazie ad un master svolto nella città di Madrid, dove ha avuto l'opportunità di entrare in contatto con ragazzi con autismo e di lavorare con bambini con difficoltà scolastiche e familiari.

Attualmente lavora nel campo dell'autismo e svolge la libera professione in provincia di Macerata, presso il Centro di Psicologia e Psicoterapia “Sophia”, occupandosi di bambini, ragazzi e adulti.
Inoltre insieme ad una collega realizza percorsi di gruppo sulle emozioni e sull'assertività, per aiutare ogni persona a comprendere quali sono i propri bisogni nella relazione con l'altro, nei diversi contesti di vita.